Intervista a Chef Rubio – a cosa serve il successo

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Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio

Non chiamatelo (solo) cuoco. Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio. Un passato da professionista del rugby, un presente tra cucina, tv, social media e impegno sociale. Il futuro? Tutto da decidere, purché si segua la ricetta vincente: allenarsi a dare giusto respiro alle proprie inclinazioni.

La prima cosa è che lui, in tutto quello che fa, ci mette la faccia. Per questo ha un largo seguito sui social di cui, in giornate di lavoro che non finiscono mai, continua a occuparsi personalmente.
È considerato lo chef più anticonformista del momento, anche perché di aprire un ristorante non ne vuole sapere. Gabriele Rubini, classe 1983, originario di Frascati, è Chef Rubio, il cuoco che in 3 edizioni di Unti e Bisunti su DMAX (canale DDT 52) ha fatto parlare e conoscere tradizioni e cucina di strada di tutta Italia, e non solo. Questʼanno è stato tra i promotori della prima Street Food Academy a Parma, sostenendo lʼimpegno di chi è alla ricerca di nuove opportunità con due borse di studio “mi piacerebbe che si portasse avanti un discorso di valorizzazione. Il cibo di strada è molto di più che prendere un furgoncino e fare soldi” – racconta Rubio – “io, ad esempio, uso la mia notorietà per trasformare, grazie a questo vantaggio, un messaggio in qualcosa di concreto”. Schietto da sembrare graffiante, la verità è che vuole essere preso per quello che è: “facendo questo lavoro ho scoperto di saper stare davanti a una telecamera. Con le parole, invece, è un continuo allenamento. Dal 2013 – cioè dalla prima edizione di Unti e Bisunti, ndr – sono migliorato come oratore perché mi trovo sempre in situazioni diverse. Facendo cose diverse mi sono dato la possibilità di far venire fuori cose che tenevo schiacciate dentro di me”.

Tra schermi, eventi e fornelli Chef Rubio è un vero imprenditore di se stesso, un self made man, come lui stesso si definisce senza troppi orpelli “imparare e studiare, sono cose che non smetto mai di fare. Quando ero senza soldi prendevo lo zaino e partivo, viaggiare era il mio modo di conoscere. Oggi, anche se ho qualche soldo in tasca in più, continuo a farlo con lo stesso spirito”.

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CHEF RUBIO IN TV
GIUGNO 2013: PRIMA EDIZIONE DI UNTI E BISUNTI SU DMAX. NEL 2015 È STATA TRASMESSA LA TERZA EDIZIONE.
DICEMBRE 2014: UNTI E BISUNTI SBARCA IN SPAGNA CON IL TITOLO “EL CHEF RUBIO”. APRILE 2015: UNTI E BISUNTI VIENE TRASMESSO IN GERMANIA CON IL TITOLO “SO ISST MANN ITALIEN
NEL 2014 PER DMAX È ANCHE GIUDICE DEL TALENT “I RE DELLA GRIGLIA”. È PROTAGONISTA ANCHE DEL PROGRAMMA “IL CACCIATORE DI TIFOSI”, E COMMENTATORE NELLE EDIZIONI 2014-2015-2016 PER “RUGBY SOCIAL CLUB”.

Chi è Chef Rubio oggi?
“Non saprei definirmi a livello professionale. Il cuoco? Sì faccio anche questo e molto altro…”

Sei stato rugbista professionista. Oggi imprenditore di te stesso: che cosa hanno in comune le tue due vite?
“Nello sport il mio errore è stato quello di darmi troppo e ho finito per logorarmi troppo in fretta. So di non aver imparato la lezione perché faccio lo stesso oggi col mio lavoro. Per questo mi sono circondato di persone in grado di aiutarmi a gestire il senso del limite, che per me non esiste. Faccio tutto con la stessa energia, ma sto anche capendo che è importante dare il tempo di respirare alle cose di cui si è fatti”.

Nel 2005 in Nuova Zelanda giochi con il Poneke e inizi a lavorare in un ristorante dove scopri la passione per la cucina. studi allʼAlma di Parma e fai pratica nelle cucine di tutto il mondo… cosa vuole dire essere chef?
“Dietro ai fornelli ho il mio momento di pace. Mi piace, mi rilassa. Più spesso però cucino viaggiando, i miei menù nascono a bordo di un aereo o cambiando un treno. Le mie ricette devono essere buone alla prima. Non ho tempo per prove e sperimentazioni. Il risultato è già nellʼimpegno e nella passione che ci metto. La cosa importante è quella di essere capace di spiegare e trasmettere la mia idea alle brigate di cucina che lavorano con me”.

Quante persone lavorano con te tutti i giorni?
“Allʼinizio cʼerano due persone ad affiancarmi. Oggi siamo in quattro. Cʼè anche un avvocato, di cui spero di avere bisogno il meno possibile”.

La tua giornata tipo?
“Le mie giornate non sono mai uguali. La colazione? Mai allo stesso modo, dipende da dove mi trovo. Lavoro 24 ore al giorno. Oggi, ad esempio, ho un sopralluogo per un progetto TV (al momento dellʼintervista la notizia è riservata, ma si tratta della lavorazione di Unti e Bisunti – il film, ndr). Poi saremo in cucina con i ragazzi di AIPD – Associazione italiana persone down, ndr –. Non posso fare a meno di fare le cose che sento, ho scelto di trovare sempre il modo di dedicare parte del mio tempo agli altri – è autore di ricette nel linguaggio dei segni, collabora con progetti rivolti a persone in difficoltà, come con lʼimpegno nelle carceri o il progetto CiboCura – Oncologica, ndr –. Quello che faccio ha senso solo se restituisco parte di quello che ho ricevuto”.

A cosa bisogna essere disposti a rinunciare quando si insegue un obbiettivo?
“Io non inseguo ma realizzo qualcosa che è già parte di me. Non esiste rinuncia, che io chiami in questo modo. Le mie giornate sono un continuo stop and go in mezzo a persone che mi riconoscono, che mi fermano per una foto o per darmi la mano. È una parte del gioco in cui sono. Semmai il problema è avere a che fare con la maleducazione della gente. Ma sono abituato a essere schietto e quando qualcosa non mi va lo dico senza problemi”.

Hai un sogno?
“Da piccolo non sapevo che avrei fatto questo, né oggi so cosa farò nel futuro. Professionalmente ho dato più risonanza alle cose che mi piacciono. Questo è il modo in cui si dovrebbero poter fare le cose, sempre. Sento di non aver fatto altro se non dare spazio alle mie inclinazioni”.

E di fronte alle difficoltà?
“Nella vita bisogna studiare e imparare a farsi le cose da soli. I muri? Per me non esistono. Anzi, meglio per loro che io non ci debba andare contro”.

Street food in Italia: chi fa bene e chi no?
“Non mi piace il business fine a se stesso. E cʼè molto anche di questo in chi fa cucina di strada oggi. Gli chef che apprezzo? Tutti e penso soprattutto a quelli che non vengono menzionati e che fanno bene il loro lavoro. Ogni cuoco ha il suo modo di declinare. Io sono errante e mi nutro di quello che mi circonda, a partire dalle persone, che per me vengono prima di tutto”.

E in tema di spreco alimentare?
“Non basta una legge a fare capire il valore di un impegno di questo tipo. Finché vedrò gente buttare le carte per terra, direi che cʼè poca speranza. Serve lo sforzo di tanti per cambiare la coscienza sociale di un Paese che spesso dimostra di non avere cura di se stesso. Cʼè troppa gente che si nasconde dietro alla sicurezza della propria scrivania senza fare qualcosa in prima persona. Questo oggi è il mio impegno. Non ho la presunzione di migliorare il mondo, ma se sempre più persone si impegnassero, potremmo cambiare qualcosa”.

Lʼultima domanda prima di lasciarlo è quella di rito: cʼè qualcosa che non ho chiesto e che ti sarebbe piaciuto raccontare?
“Il destino ha voluto che parlassimo di questo, per cui va bene così”.

La risposta è definitiva.
A presto Chef.

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