Gualtiero Marchesi, una risorsa italiana

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Il progetto di apertura di ristoranti MARCHESI nel mondo è quindi pronto e abbiamo individuato anche alcuni partner internazionali pronti ad investire.

Si è parlato della possibilità che “Il Marchesino” possa diventare una vera e propria “catena” di ristoranti con nuove location in ogni parte del mondo. Lei ha pensato per questa iniziativa a una forma “tradizionale” di “franchising”? Esiste un format che stabilisca i protocolli da seguire che immaginiamo debbano essere piuttosto rigorosi e complessi? 
La mia avventura nel mondo è iniziata molti anni fa, quando nel 1990 aprii un ristorante a Londra. Sono seguite esperienze in Giappone, a Mosca, a Parigi, Cannes… Ho capito che non è facile mantenere un livello così alto in Paesi così lontani e ho pensato di creare una seconda linea, Il Marchesino. Abbiamo lavorato sulla formazione, creando lʼAccademia Marchesi, sulle tecnologie, sulla programmazione e lʼorganizzazione e mi sono reso conto che adesso siamo in grado di presentare allʼestero dei veri ristoranti MARCHESI, dove lʼalta cucina si sposi ad un ambiente più giovane e meno formale. Mio genero, informatico, ha sempre spinto perché la tecnologia fosse sempre più presente nelle nostre attività. Ci siamo dedicati alla ricerca e abbiamo sviluppato un
sistema di supporto e controllo che mi permette di controllare in tempo reale tutto quanto viene servito nei miei ristoranti e ricevere sul mio smartphone le immagini di quei piatti che non rispettano gli standard qualitativi da me imposti. Il progetto di apertura di ristoranti MARCHESI nel mondo è quindi pronto e abbiamo individuato anche alcuni partner internazionali pronti ad investire. 

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È confermato il trasferimento della sua Accademia da Milano a Villa Mylius a Varese? La data è il 2017?
La sede dellʼAccademia in via Bonvesin de la Riva è per me sentimentalmente importante e non credo che riuscirò a chiuderla, ma il progetto di Varese è finalmente decollato, avendo risolto lʼaspetto economico. Contiamo di avere Villa Mylius a disposizione fra due o tre anni al massimo. Una sede di quasi tremila metri quadrati ci permetterà di realizzare meglio quanto abbiamo avviato in questo anno a Milano. Le richieste di alta formazione arrivano da tutto il mondo ed il mio impegno in tal senso è sempre più fondamentale.

Uno dei principi del suo modo di intendere la cucina è rispettare i sapori e i prodotti della natura senza alterarli e ingannare il palato. Lo si può fare ancora in unʼepoca dove spesso prevale la contraffazione, lʼadulterazione? Le istituzioni fanno abbastanza su questo problema?
Devono fare sempre di più e meglio.

Nei suoi piatti viene sempre data importanza al mito, al simbolo, alla storia, che essi veicolano, insomma alla cultura che vi è dietro. Possiamo dire che per mangiare bene bisogna usare non solo la bocca ma anche il cervello? È questo, in sintesi, che lei intende per “cucina totale”?
Senza tenere acceso il cervello non si va da nessuna parte. Tutto nasce da unʼidea messa in pratica. Bach diceva che non è importante come tocchi il tasto, perché tutto è già nella composizione.

La globalizzazione negli ultimi anni ha favorito anche in cucina la creazione di una sorta di melting pot che mette insieme spesso in modo caotico tradizioni, usanze diverse. Lei cosa ne pensa? Come dicono quelli del calcio: palla al centro?
Per me significa che, prima di tutto, il cibo è salute.

Cosa pensa della cucina molecolare?
Che cosʼè? La cucina è di per sé fisica e chimica.

Nel dibattito ancora molto contraddittorio sul tema dei prodotti OGM e delle biodiversità lei ha preso posizione?
Ho sempre sottolineato che la cucina si basa sui microclimi e per lʼItalia questa è unʼimmensa risorsa.

In merito ai prodotti biologici o allʼagricoltura biodinamica qual è il suo pensiero?
Fa – come diceva Ippocrate – che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo.

Tutti i media, a cominciare dalla tv, hanno ormai da diversi anni “scoperto” la cucina come forma di intrattenimento e spettacolarizzazione. Qual è il suo parere al riguardo? Non ritiene che questo fenomeno di “superfetazione comunicativa” anziché migliorare il gusto delle persone tenda, al contrario, a banalizzarlo, a stereotiparlo?
Cambio canale.

Se le dicessero che la sua è una cucina “dʼelite” lei come giudicherebbe questa affermazione: una critica o un complimento?
Né lʼuno né lʼaltro. La grande cucina si fa e si gusta quando cʼè la qualità. Diventa alta quando cʼè di mezzo la mano di un artista, il suo colpo di genio che non ha nulla a che fare con il desiderio puerile di stupire ad ogni costo.

Lei apprezza molto la musica e lʼarte. Le proponiamo un semplice gioco. Potrebbe abbozzare per i nostri Lettori un menu inserendo al posto delle diverse portate (antipasti, primo, secondo, ecc.) i nomi di musicisti (o pittori) famosi che ama di più?
Vediamo: per lʼantipasto, penso a Pollock e al mio dripping di pesce. Il primo è Bach, un tributo allʼarte della composizione e non posso non citare il raviolo aperto. Come secondo, Fontana, da cui ho preso ispirazione per Il rosso e il nero. Infine, un dessert, zabaglione leggero (fatto al sifone) con spaghetti fritti di riso. Mi viene in mente il mio amico sculture pugliese, Salvatore Sava.

 

Gualtiero Marchesi, imprenditore
Partiamo da un punto fermo. Per Gualtiero Marchesi non si è mai trattato solo di curare con attenzione la qualità del cibo da offrire ai suoi clienti. Ha capito, fin dall’inizio della sua prestigiosa carriera, il senso profondo della convivialità, di cui il pranzo è un aspetto fondante ma che non può prescindere dall’importanza dello stare insieme, quindi del piacere di condividere esperienze artistiche, musicali, ludiche, culturali nel senso più ampio del termine. Dopo il primo locale aperto in via Bonvesin della Riva a Milano, nel 1993 Marchesi si sposta a Erbusco nella Franciacorta, infine nel 2008 inaugura il Ristorante “Teatro alla Scala il Marchesino”, accanto al famoso teatro lirico milanese. Nei suoi locali il design domina incontrastato su ogni particolare, dall’arredamento alle posate, né può mancare la musica che sottolinea con garbo le scelte culinarie dettate da una ricca carta menu e una sontuosa scelta di vini, in un’atmosfera impreziosita da altre forme di espressione artistica. Anche se, per paradosso, è proprio nella semplicità, nell’essenzialità dei suoi piatti che va ricercata la sua firma stilistica più originale in grado di trasformarli d’emblée in “classici”.

Gualtiero Marchesi, Maestro
Personaggi come Gualtiero Marchesi sono importanti anche come riferimento per le giovani generazioni e per il patrimonio di gusto e cultura che hanno saputo costruire nel tempo. Lui questo lo sa bene. “L’esempio è il miglior insegnamento” è il suo motto. Ed è anche il motivo per cui ha voluto creare nella Reggia di Colorno – una splendida location in provincia di Parma – ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina, che rappresenta un vero e proprio network, dove far crescere nuovi talenti, diventandone Rettore. Bisogna riconoscerlo. Si tratta di una scuola impegnativa, decisamente selettiva e molto rigorosa, ma, contrariamente a certi pregiudizi, la cucina, quella seria, non si improvvisa. Occorrono impegno, sacrificio, umiltà. ALMA è diventata ben  presto la “Casa dei Cuochi”, come la chiama qualcuno, una garanzia di professionalità che vanta partnership con i più importanti centri di formazione del mondo – da New York a Toronto, da Istanbul a Mexico City, da Hong Kong a Buenos Aires – e offre a chi vi studia quella visione globale che non deve mai mancare a uno cuoco di alto livello.

Il “Gualtiero Marchesi Pensiero”
Parafrasando un’infelice affermazione di un nostro ex ministro che sosteneva che “con la cultura non si mangia”, si può dire, al contrario, che Marchesi con la sua cucina propone “la cultura che si mangia”. Lui, a questo proposito parla di “cucina totale”. Una definizione, estrapolata dal “Codice Marchesi”, la summa del suo pensiero, che esprime perfettamente la sua filosofia, perché la cucina viene vista come forma d’arte completa in grado di nutrire il corpo, appagando tutti i sensi e stimolando l’intelligenza nel rispetto dell’equilibrio tra tradizione e innovazione. Marchesi ha creato la Fondazione che porta il suo nome nel marzo del 2010 proprio a questo scopo. La sede si trova in via Bonvesin della Riva, sito simbolico, dove il Maestro aprì il suo primo ristorante. L’obiettivo principale è rivolgersi ai giovani per coltivarne il piacere e il gusto per il “buono e il bello”, attraverso tutte le arti, come la musica, la pittura, la scultura e i laboratori teatrali e culinari. Qui c’è anche l’Accademia dove, attraverso un piano di studi articolato e decisamente innovativo, vengono insegnate ai futuri cuochi, accanto alle tecniche di base, alla conoscenza delle materie prime, anche l’attenzione alla creatività, attraverso lo studio delle arti. Non dimentichiamo che i due must dello chef targato Marchesi restano sempre “appagare e stupire” i clienti.

 

Biografia di Gualtiero Marchesi
Gualtiero Marchesi. Basta il nome, senza altri attributi, per evocare una serie di suggestioni uniche, irripetibili, che lo legano alla cucina italiana intesa non solo come eccellenza gastronomica ma come esempio inarrivabile di arte, gusto, qualità della vita. Insomma, il suo nome è ormai diventato un brand indiscusso e riconosciuto a livello internazionale. E lui uno dei più apprezzati e ascoltati ambasciatori dello stile italiano nel mondo. Lo prova il fatto che si è sempre impegnato per difendere, valorizzare l’immagine del nostro Paese e promuovere, per usare le sue parole,
“il bello e il buono” che esiste in Italia. Sono passati quasi quarant’anni da quando Marchesi aprì a Milano in via Bonvesin della Riva il suo primo ristorante. Ma ne bastarono pochissimi, da quel momento, per dimostrare le sue eccelse qualità in cucina. Successo di pubblico e di critica arrivarono in fretta, insieme alla consacrazione degli esperti mondiali, culminata nel 1986 con l’assegnazione delle tre stelle della Guida Michelin. Da allora Gualtiero Marchesi ha raccolto una serie infinita di riconoscimenti, premi, attestazioni, uno più prestigioso dell’altro, sia nel nostro Paese che all’estero. Cavaliere, commendatore, dottore honoris causa; e a lui e alla sua arte sono state dedicate anche mostre, come quella grandiosa al Castello Sforzesco di Milano nel 2010, riproposta poi a Bruxelles. Non è esagerato, perciò, definirlo un vero genio dell’alta cucina, anche perché, come espresso dall’Accademia Internazionale della gastronomia, che gli ha conferito il Grand Prix Mémoire et Gratitude, Marchesi è ormai entrato nella storia di quest’arte, popolare ed elitaria al tempo stesso, lasciandovi in modo indelebile un segno di classe e “innovazione”.

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