Organizzato da Gruppo Food, l’appuntamento di riferimento nel F&B italiano che permette il confronto tra industria e distribuzione per approfondire i nodi cruciali che caratterizzano l’evoluzione del settore
“Retail reset: il futuro chiama, il presente risponde?”, l’edizione 2025 del Food Retail Show che si è tenuta il 28 ottobre scorso a Milano, ha riunito allo stesso tavolo di discussione, industria e distribuzione con lo scopo dipromuovere la collaborazione e lo scambio di idee, per costruire un ecosistema più dinamico e orientato al futuro.
Il Food Retail Show – diventato ormai unpunto di riferimento per l’intera community del F&B – mette a fattor comune voci, esperienze e competenze di tutti i relatori per creare un dialogo costruttivo e accelerare i processi di innovazione tra la grande distribuzione organizzata (GDO) e l’industria di marca.
Quest’anno, le due anime del comparto si sono incontrate e confrontate, basandosi sui dati condivisi da EY sul mercato consumer. Parte del dibattito, anche altre questioni centrali quali la logistica, con Number1 Logistics Group, e la fedeltà, con L-founders of Loyalty Italia.
Attori indiscussi, i consumatori chiedono prodotti di qualità, sostenibili e accessibili. Secondo il Future Consumer Index 2025 di EY, gli italiani sono sempre più attenti al valore del prodotto, ma non ad ogni costo: il 73% dichiara che porrà maggiore attenzione al valore tangibile del prodotto in futuro, considerando anche il prezzo, mentre il 56% afferma di comprare prodotti a marchio solo quando sono in saldo o promozione. Al carovita, quindi, si risponde con un’attenzione più marcata verso scelte maggiormente economiche e dall’elevata qualità percepita.
Non stupisce quindi che, in questo contesto, le marche del distributore (MDD) stiano acquistando terreno con oltre la metà dei consumatori che le considera un’alternativa valida, grazie a una migliore visibilità sugli scaffali e una percezione di qualità comparabile.
Varie forze in atto possono essere impiegate come leve a vantaggio della filiera attivando meccanismi di collaborazione. È questo l’obiettivo che EY si prefigge di raggiungere tramite Value for Food che riunisce 70 realtà di diversa natura operanti nel settore (da aziende di marca, a distributori, operatori agribusiness, logistici, start up ed enti di ricerca).

Riccardo Passerini, Partner Consumer Product & Retail Consulting Leader di EY Italia: “Value For Food si conferma come iniziativa di riferimento per la filiera agroalimentare italiana, capace di generare valore attraverso innovazione, collaborazione e sostenibilità. I risultati concreti ottenuti e le prospettive di crescita testimoniano l’impatto positivo di un approccio integrato e condiviso, che mette al centro il consumatore, la qualità e il futuro del settore”.
Negli ultimi anni, la catena del valore della GDO sta attraversando una profonda trasformazione che passa da un coordinamento tra tutti gli attori della filiera e un allineamento ad un modello operativo che consenta di evitare congestione, criticità operative e disvalore lungo la filiera.
Secondo le stime provenienti dal Value for Food, 520 milioni di euro equivalgono al valore economico generabile creando meccanismi di collaborazione e sinergiaderivanti dall’efficientamento logistico, da una migliore gestione degli assortimenti e dalla creazione di esercizi circolarità attraversol’ottimizzazione della saturazione e dei trasporti, miglioramento della disponibilità a scaffale e gestione delle scadenze, riduzione degli sprechi e surplus alimentare.
Sempre nell’ambito dell’iniziativa promossa da EY, sono stati ideati, studiati ed eseguiti tre progetti Pilota che hanno permesso di dimostrare, con KPIs concreti, il recupero permesso dall’ottimizzazione della catena del valore di filiera complessiva. I risultati derivanti sono stati tanto incoraggianti che hanno permesso di iniziare il processo di estensione dell’approccio all’intera filiera italiana partendo dalle aziende coinvolte nell’iniziativa – tra queste Number 1 Logistics Group.

Eugenio Pieretti Transportation Planning Director di Number 1 Logistics Group: “Insieme a Barilla, Bolton Food e Coop Alleanza 3.0, abbiamo avviato uno dei progetti pilota. Lo scopo è stato sviluppare sistemi di slot booking dinamici basati su condivisione dei volumi medi di consegna, assegnare slot in orari predefiniti con flessibilità sul contenuto dei viaggi in consegna. I risultati dopo un anno di test sono stati entusiasmanti: -24% riduzione delle ore di scarico; -21% riduzione dei costi medi di ri-consegna ogni mese, +2% il miglioramento nella puntualità delle consegne e un +3% di incremento della saturazione dei viaggi”.
È indubbio: il nomadismo dei consumatori per il comparto è una questione da affrontare. Sempre stando alle rilevazioni di EY, il 41% dei consumatori cambia marchio se quello preferito non è disponibile, il 21% se il prezzo diventa troppo alto, e il 75% se non percepisce differenze di qualità. Solo il 29% si può considerare un vero e proprio “brand loyalist”.

Tuttavia, le campagne di loyalty tattico sono un valido strumento a disposizione dei player del settore per contrastare il caos generato dalla disloyalty. Marco Pellicci, Director Sales Enablement di L-founders of Loyalty Italia, ha commentato: “Come l’entropia in un sistema fisico, anche nel grocery italiano la mancanza di loyalty aumenta se non viene contrastata: solo un’energia costante, può mantenere viva la fedeltà dei consumatori. È qui che entrano in gioco le campagne di fidelizzazione: dove c’è strategia – con investimenti equilibrati, una durata ottimale e una collezionabilità ben calibrata – c’è ritorno. Basti pensare che, stando alle rilevazioni effettuate con NielsenIQ, le 16 campagne di loyalty condotte da 8 gruppi della GDO Italiana dall’inizio del 2024 ad oggi hanno generato un valore di 630 milioni di euro di revenue incrementale. E quando questi programmi si legano alle comunità di riferimento, l’impatto cresce ulteriormente. La fedeltà, quindi, non si eredita: si costruisce e si alimenta, per ottenere risultati misurabili e di valore sia nel breve che nel lungo termine. È questa la chiave per fermare il caos generato dalla disloyalty nella GDO”.
A cura della Redazione


