Avec Amour, mostra fotografica sugli attentati di Parigi

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Proiezione di video e immagini dei giorni successivi agli attentati di Parigi del 13 novembre 2015. Immagini e video di Giusy Nicosia. Collaborazione di Marco Senese: concept e regia. Reading con Giusy e Martino Palmisano. Contributo speciale di Giuliano Grittini.

Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli.
Martin Luther King

Si è tenuta venerdì 3 marzo a Lodi la mostra fotografica organizzata da Giusy Nicosia sugli attentati di Parigi del 13 novembre 2015. Ci saranno altre edizioni prossimamente a Milano e Roma. Per restare aggiornati consigliamo di seguira la pagina facebook dell’evento: Avec Amour

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Il mondo intero era rimasto pietrificato e senza parole quando il 7 gennaio 2015 due individui mascherati e armati fecero una strage nella redazione di Charlie Hebdo, il settimanale satirico francese, gridando in arabo Allahu Akbar (“Allah è grande”) e uccidendo 12 persone. La rivista aveva pubblicato nel 2009 vignette satiriche contro l’Islam provocando la legittima indignazione della comunità islamica e grandi proteste tra i musulmani. Non era ancora arrivato il peggio.
Il 13 novembre 2015, a soli nove mesi di distanza da quel giorno, nuovi attacchi terroristici di matrice islamica hanno colpito Parigi e per l’esattezza il I, X e XI arrondissement della città e lo Stade de France, a Saint-Denis, nella regione dell’Île-de-France. Un commando armato ha ucciso 130 persone tra il teatro Bataclan, Le Carillon, Le Petit Cambodge, il Café Bonne Bière, La Casa Nostra, La Belle Équipe e lo Stade de France. Anche questi attentati sono stati rivendicati dall’autoproclamato Stato Islamico, noto ormai a tutti come ISIS. Questa ha rappresentato la più feroce aggressione in territorio francese dalla Seconda guerra mondiale e il secondo più grave atto terroristico nei confini dell’Unione europea dopo gli attentati dell’11 marzo 2004 a Madrid. Quella notte diversi kamikaze si sono fatti saltare con l’esplosivo mentre altri uomini armati di kalashnikov giustiziavano senza pietà altri esseri umani, in gran parte giovani. Tra le vittime, di 26 diverse nazionalità, c’era anche un’italiana, Valeria Solesin.

“Nessuna sirena si sentì quella sera nelle ore degli attacchi terroristici. Ero nei pressi di Boulevard Saint-Germain, nel 6° arrondissement di Parigi, ma rientravo comunque nella zona rossa. Quel quartiere è ancora oggi considerato il cuore intellettuale della città, oltre a essere uno dei posti ideali per godere la vita mondana parigina. Soggiornavo vicino all’Abbazia di Saint-Germain-des-Prés, uno dei più antichi luoghi di culto cattolici della città. A pochi passi c’era la Senna, che ho sempre pensato abbia fatto un po’ da scudo quella notte. Dall’altra parte del fiume, a meno di quattro chilometri di distanza da dove mi trovavo, c’era l’inferno.
Ricordo la mia lunga passeggiata in orario aperitivo nelle vivaci vie del quartiere ricco di locali, ristoranti e famose caffetterie come il Café de Flore e Les Deux Magots. Qui un tempo erano venuti scrittori come Jean-Paul Sartre, Ernest Hemingway e Simone de Beauvoir. Ero ancora a tavola e stavo cenando quando ricevetti quella telefonata dall’Italia che mi fece comprendere solo allora quello che stava succedendo. Dall’altra parte del telefono mia madre mi stava parlando di un altro mondo o di qualcosa che percepivo come lontano da quel momento. Mi veniva difficile credere alle sue parole. In fondo da me era tutto tranquillo, almeno in apparenza. Solo dopo mi accorsi che nel ristorante dove stavo cenando era troppa la gente che se ne stava andando frettolosamente. A un certo punto la notizia degli attentati che stavano riempiendo di sangue le strade di Parigi era nota a tutti. Erano solo le 22.00. Avrei dovuto scegliere se uscire per la strada per recarmi velocemente in albergo oppure rimanere dentro quel ristorante, almeno per le ore successive. In realtà da nessuna parte c’era garanzia di salvezza. Niente mi avrebbe messo al riparo dal pericolo. Era come essere in guerra. A quell’ora i terroristi potevano essere ancora in giro e dovunque. Tutto era possibile.”

Parigi, il giorno dopo, era silenziosa come una donna che aveva appena subito la peggiore delle violenze. Domenica 15 la città dei furori e dell’amore finalmente aveva reagito. Le strade si erano affollate. La gente si era ripresa la propria vita, i propri spazi o almeno ci provava. I luoghi dell’attentato, presi d’assalto già da venerdì notte da giornalisti e televisioni di tutto il mondo, erano diventati meta di pellegrinaggio. Uomini, donne, bambini e anziani si recavano nei posti dove era avvenuta la barbarie e qui accendevano candele, lasciavano fiori, poesie, lettere, spartiti e pregavano. Non c’era più spazio per la paura. Nel pomeriggio, Place de la République si era riempita di giovani che cantavano in nome dell’amore perché l’amore conquista sempre e vince nonostante tutto. La speranza è davvero l’ultima a morire. Si inneggiava alla libertà, alla patria, all’uguaglianza e alla fraternità. Non c’era un posto migliore per farlo. Tutti si abbracciavano, sorridevano, piangevano, anche chi non era francese. C’ero anch’io dentro questa catena umana. Non esisteva più razza, colore o fede che creasse muri. In quel momento esisteva solo la voglia di stare insieme e di credere a un futuro migliore. C’era una grande voglia di ricominciare e di accarezzare la vita con il più grande rispetto, “con amore”.

Giuseppina Nicosia

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