L’Italia non è un paese per inventori – il nostro Paese snobba un’industria che vale oro

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La regina dell’innovazione italiana del 2016 è stata Ansaldo Energia con 50 domande depositate presso Epo, seguita da Pirelli (41) e G.D Società per Azioni (35), Danieli & C. (33), e Chiesi Farmaceutici (31)

In Italia i brevetti sono un argomento per addetti ai lavori, se ne sa poco e se ne parla ancora meno. Dai più, i brevetti sono ritenuti semplici definizioni dove far confluire, nei bilanci aziendali, cifre difficilmente verificabili. Il tema è ostico. Sono troppe le normative nazionali e internazionali che regolano una disciplina già di per sé complessa. Eppure quella dei brevetti è un’industria che vale oro e che, secondo l’ultimo studio relativo all’ “Intellectual property rights intensive industries and economic performance in the European Union” a cura di European Patent Office (Epo) e European Union Intellectul Property Office, ha generato in due anni (e solo attraverso le società campioni di brevetti) un giro d’affari superiore ai 2 trilioni di euro (pari al 16% del Pil del Vecchio Continente) e ha creato 20 milioni circa di posti di lavoro, retribuiti in media il 69% in più rispetto a società a basso sviluppo di brevetti (ovvero 895 euro alla settimana in più in busta paga). La sola correlazione tra profitti e brevetti dovrebbe quanto meno incuriosire.

L’italia ai margini
Eppure, nello scenario internazionale, l’Italia occupa una posizione di retrovia. Si consideri che, secondo i dati 2016 pubblicati European Patent Office (Epo), istituzione intergovernativa europea con 38 Paesi membri e oltre 7mila dipendenti, le richieste di registrazione di brevetti da parte degli “archimedi” italiani si sono attestate a 4166 (+4,5% rispetto al 2015) e rappresentano solo una minima percentuale delle 160mila richieste giunte, da tutto il mondo, a Epo che, attraverso una procedura centralizzata, consente agli inventori di ottenere la protezione del proprio brevetto negli Stati aderenti.
I dati italiani sono lontani anni luce da quelli Usa, che pure non sono un Paese membro di Epo, da cui sono giunte oltre 40mila domande di registrazione di brevetti (pari al 25% del totale), ma anche da quelli tedeschi (25mila richieste), giapponesi (21mila), francesi (21mila) e svizzeri (7,2mila). E in effetti il Belpaese si attesta solo al 10° in questa classifica dei Paesi più innovatori e addirittura al 18° posto se si considera il rapporto tra domande di brevetti e abitanti (67 domande ogni milione di abitanti, rispetto alle 892 domande per milione di abitanti registrate dalla vicina Svizzera).

Le regine dell’innovazione
In questo contesto la regina dell’innovazione italiana del 2016 è stata Ansaldo Energia con 50 domande depositate presso Epo, seguita da Pirelli (41) e G.D Società per Azioni (35), Danieli & C. (33), e Chiesi Farmaceutici (31). Fiat Chrysler Automobiles (75) Solvay (72) e ST Microelectronics (69) non appaiono all’interno della classifica italiana in quanto la loro sede legale non è in Italia.
Parallelamente a livello mondiale i primi cinque campioni dell’innovazione sono: Philips con 2568 domande di registrazione di brevetti depositate nel corso del 2016 (in crescita del 6,9% rispetto all’anno prima), Huawai con 2390 domande (+22,4%), Samsung con 2316 (in calo del 2,1%), LG (con 2313 richieste, +10,6%), United Tecnologies (con 2067 richieste depositate, +10,6%).
I numeri, più delle parole, mettono in evidenza come l’Italia non possa più essere riconosciuta nel vecchio detto “paese di inventori, santi e navigatori”. Santi e navigatori forse ce ne saranno anche, ma inventori se ne vedono ormai pochi.

Un’industria esportabile
I numeri 2016 pubblicati da Epo evidenziano, una volta di più, come l’industria dei brevetti sia assolutamente strategica per il mercato europeo. Tanto, appunto, da richiamare gli inventori americani, cinesi e coreani, pronti a depositare i propri brevetti (anche) presso l’istituzione di Monaco di Baviera, pur di poter operare al meglio nel Vecchio Continente. «I risultati 2016 confermano il richiamo dell’Europa come mercato globale leader dell’innovazione», ha dichiarato in merito Benoît Battistelli, presidente di Epo, per poi aggiungere: «In uno scenario politico ed economico in rapido cambiamento, le imprese globali hanno continuato a richiedere brevetti in Europa».

European inventor award a Venezia
La speranza è che gli European Inventor Award previsti a Venezia il prossimo 15 giugno, possano dare una spinta all’innovazione e contribuire a creare più reddito, occupazione e benessere, traguardi raggiunti dalle società ad alto tasso di brevettazione come dimostrato dal report sull’ “Intellectual property rights intensive industries…”.

Brevetto unico europeo
Nel frattempo poi potrebbe essere avviata una vera e propria rivoluzione che potrebbe incoraggiare i futuri inventori. Entro l’anno dovrebbe partire il brevetto unico europeo di cui si parla da 44 anni, dalla costituzione di Epo. In pratica il solo brevetto registrato presso gli uffici di Epo sarà valido in tutti i Paesi aderenti e sarà soggetto a una sola giurisdizione (un solo sistema di tribunali e una sola procedura). Il calcio di inizio è condizionato all’adesione di 13 Paesi, tra cui necessariamente quella di Francia, Gran Bretagna (che, nonostante il voto sulla Brexit, ha già confermato l’adesione e dovrebbe, a breve, ufficializzare il passo) e Germania. Attualmente le adesioni sono 12 e si attende il voto di Londra e Berlino. Ma l’ottimismo è d’obbligo, tanto più che l’obiettivo inizia finalmente a stagliarsi, chiaro, all’orizzonte.

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