Un piatto protagonista e simbolo della domenica delle nostre case che diventa un libro ricco di aneddoti, ricordi, tradizione e storia. Il repertorio unico di “Polpette, una tira l’altra” (Edito da Trenta Editore) è un’ode al cibo delle nostre vite, sostanzioso e gustosamente concreto. È una raccolta ricchissima, che diventa celebrazione del cibo povero e della tradizione della cucina casalinga italiana. Un’esperienza gastronomica (anche culturale) ricca di sapori e ricette, di aneddoti e curiosità, che parte dalla nostra Italia per toccare nuovi mondi. Che trasforma queste ricette in un linguaggio d’amore, di identità, di ricordi, di emozioni e nostalgia per le proprie radici. Già nota in Persia nel IX secolo a.C. (con il nome di “kofta” o “kooftee”), la si vede approdare come “Isicia” (o “Isicium”) nei “Primae Mensae” dell’antica Roma, per poi vedersi nominata, come opera culinaria per gli imperatori, nel “De Re Coquinaria” da Mario Gavio Apicio. Si diffonde poi nel resto d’Italia e in Europa, attraverso conquiste e scambi, toccando a Nord Est la “via della seta”, per poi scendere verso sud, verso il bacino del Mediterraneo. Collegando Occidente e Oriente, evolvendosi da piatto povero e di riciclo all’attuale e versatile comfort food, la polpetta rimane ancora oggi adatta a consumarsi in ogni momento e in ogni Paese. Nei locali MEATBALL FAMILY, che portano la firma di Diego Abatantuono, ideatore del format ristorativo dedicato alle polpette, ne sanno qualcosa.

Diego, come nasce l’idea di dedicare un libro (“Polpette, una tira l’altra”, edito da Trenta Editore) ad un simbolo della convivialità, della tradizione e cucina autentica di casa nostra?
Dopo 12 anni di attività, abbiamo sentito il forte desiderio di coronare il nostro percorso, racchiudendo la nostra storia e il nostro patrimonio di ricette in un’opera tangibile. Questo libro nasce dalla volontà di istituzionalizzare il brand Meatball Family, fissando nero su bianco la nostra identità culinaria, ma l’obiettivo era anche quello di completare l’esperienza vissuta nei nostri locali: volevamo dare ai nostri ospiti la possibilità di portare a casa un pezzo della nostra tradizione e della convivialità che ci contraddistingue.
Diego e Matteo, tra le tante ricette proposte nel libro, quali di queste sapreste cucinare perfettamente e su quali avreste difficoltà?
Diego: “Da milanese ‘DOC’, la mia specialità non potevano che essere le polpette di ossobuco, rigorosamente accompagnate da un buon risotto giallo. Lì gioco in casa e mi riescono alla perfezione! Al contrario, ammetto di avere difficoltà con quelle di melanzane: è una verdura che proprio non amo particolarmente, e credo che per cucinare bene qualcosa debba piacerti anche l’ingrediente base. Quelle le lascio fare ad altri!”

Matteo: “Le mie preferite in assoluto, anche da cucinare, sono le classiche polpette di manzo con il sugo. È la ricetta originale che ci accompagna da anni, il cuore di tutto. Ormai ho una certa manualità e, anche grazie ai piccoli segreti che abbiamo svelato nel libro, mi riescono particolarmente bene.
Dove invece fatico è sul pesce: lo adoro da mangiare quando è cucinato bene da altri, ma personalmente non amo cucinarlo.”
Diego, quando nel 2013 avete aperto il format ristorativo Meatball Family la vostra missione era quella di recuperare una ricetta della domenica, “delle radici” e della cultura contadina, che lentamente si stava perdendo.
Come vi spiegate il successo e nuovo culto di questa protagonista della nostra tavola? Cosa è cambiato negli anni e nel consumatore?
Il successo e questo nuovo ‘culto’ nascono proprio dalla rivincita della qualità sulla vecchia percezione. Quando ero piccolo, mia mamma mi diceva sempre: ‘Non ordinare mai le polpette al ristorante!’, perché storicamente erano considerate il classico piatto di recupero fatto con gli scarti.
Noi abbiamo ribaltato questa logica. Dietro ai nostri piatti non ci sono avanzi, ma una ricerca maniacale delle materie prime migliori. La genuinità degli ingredienti è stata la chiave per ridare dignità a questo piatto e conquistarci la fiducia delle persone.
Cosa è cambiato negli anni? Il consumatore si è evoluto insieme a noi. Se all’inizio veniva spinto dalla curiosità per la ‘polpetta’, oggi cerca un’esperienza gastronomica completa. Per questo abbiamo diversificato molto il menù: oggi i nostri primi piatti sono una categoria gettonatissima. La soddisfazione più grande è proprio vedere i clienti tornare per mangiare anche tutto il resto, oltre alle polpette, perché si fidano del nostro marchio.”

Matteo, questo libro è un viaggio gastronomico con piccoli capolavori del gusto, che dalla tradizione attraversa cucine e culture di tutto il mondo, per poi approdare al comfort/street food. Come avete selezionato la tipologia di proposte, da dove avete preso ispirazione, che tipo di ricerca e viaggi avete fatto?
La nostra ispirazione principale rimane la grande tradizione italiana. Il nostro metodo di lavoro spesso parte proprio da lì: prendiamo un piatto iconico e ci chiediamo come possiamo ‘tradurlo’ e racchiuderne l’essenza in una polpetta. È così che sono nate le polpette di brasato servite con la polenta, o quelle di ossobuco adagiate sul risotto.
Però, e questo è l’aspetto interessante della ricerca, abbiamo anche imparato quando fermarci. A volte ci siamo resi conto che la versione tradizionale era insuperabile e che la trasformazione in polpetta non aggiungeva valore. L’esempio lampante è la Cotoletta alla Milanese: abbiamo provato a farne una polpetta, ma il risultato non ci convinceva. Abbiamo avuto l’onestà di dire ‘no, questa è perfetta così’, e abbiamo deciso di inserirla nel menù nella sua forma più autentica: di vitello e con l’osso.
Per il libro, quindi, abbiamo selezionato i piatti che più raccontano la nostra identità e il nostro percorso, scegliendo però quelli che fossero anche realmente replicabili a casa dai lettori.

Diego e Matteo, chi dei due sa cucinare meglio?
Diego: “Ah, bella domanda! Io diciamo che… mi applico molto di più nel mangiare, e direi che si vede! [Ride]. Scherzi a parte, il mio ruolo ideale è quello di ‘selezionatore di materie prime’: nei periodi in cui non lavoro e mi trasferisco nella mia casa sulle colline romagnole, amo girare per i negozietti dei paesi locali a fare la spesa. Ma poi ai fornelli ci pensa mia moglie, che è un vero fenomeno.”
Matteo: “Diciamo che ho avuto un’ottima scuola! A casa mia solitamente cucina la mamma, che è una cuoca straordinaria e lo fa con una passione incredibile. È proprio così che si trasmette l’amore per il cibo. E questa è la bellezza dell’Italia: non solo ogni regione o paese ha la sua cucina, ma piatti iconici come le polpette hanno una ricetta diversa praticamente di casa in casa, a seconda della tradizione familiare.”
Diego, ho letto da qualche parte, che hai imparato a fare questo lavoro mangiando con altri colleghi, dopo i vari ciak e le cene del dopo spettacolo, conoscendo meglio registi, attori e colleghi comici. Ci racconti un piatto amato da Enzo Jannacci, Paolo Villaggio, Gaber e Dario Fo, magari abbinati a qualche aneddoto…..
Se dovessi iniziare con gli aneddoti a tavola con quei giganti, non finiremmo più! Ne ho talmente tanti che faccio prima a raccontartene uno in cui non stiamo mangiando!

La verità è che, più che ai singoli piatti, i miei ricordi sono legati ai luoghi di quella convivialità. Ogni periodo fondamentale della mia vita e della mia carriera è associato a un ristorante che diventava la nostra seconda casa. Penso al Derby, ovviamente, dove sono cresciuto artisticamente e umanamente tra un boccone e una risata. Poi c’è stato il Vecchio Quattrocento a Milano, teatro di serate davvero indimenticabili all’inizio degli anni ’90. E quando ero a Roma, il rifugio era La Barchetta della mia amica Paola. Sono tutti luoghi che porto nel cuore.

Matteo, tu invece che rapporto hai con il cibo?
Posso dire che ormai col cibo ci diamo del tu! [Sorride]. L’esperienza con Meatball Family è stata fondamentale: vedere il vero ‘dietro le quinte’ della ristorazione ha cambiato profondamente il mio approccio. Oggi il mio rapporto con il cibo è fatto anche di studio e ricerca costante per migliorarsi. E in questo percorso ho imparato che è fondamentale avere occhi aperti: bisogna avere l’umiltà di osservare i migliori, lasciarsi ispirare e, perché no, imparare proprio da chi fa le cose bene per poi metterci del nostro.
Diego e Matteo, un altro prodotto popolare napoletano è la pizza, cosa pensate di tutte queste pizzerie Gourmet?
Diego: “Guarda, io ormai la sera giro poco. Se ho voglia di pizza, la prendo dai miei amici qui sotto casa: è buonissima e mi basta quella. Sulla questione ‘gourmet’… mah. Associare una parola del genere a un prodotto che è l’emblema della cucina popolare per eccellenza, mi sembra spesso più che altro una trovata di marketing per giustificare un prezzo più alto. Alla fine, la sostanza della pizza deve restare quella.”
Matteo: “Sono assolutamente d’accordo con mio padre. Ultimamente ho l’impressione che si cerchi di lanciare continuamente nuove mode, spesso riscoprendo l’acqua calda. Adesso sembra che la pizza alta, quella bassa o quella al trancio siano invenzioni incredibili di oggi, come se non fossero sempre esistite nelle nostre tradizioni locali
Matteo, che cos’è la tradizione per te?
Per me la tradizione è una cosa viva. È tutto ciò che ci viene tramandato, certo, ma questo non significa che debba rimanere immobile, ‘congelato’ nel tempo. Anzi, la vera tradizione si è sempre nutrita di cambiamenti e influenze esterne. Prendi la cucina siciliana, per esempio, che è una delle mie preferite: è così ricca proprio perché è stata influenzata tantissimo dalla dominazione araba. Oggi spesso si ha paura: toccare una ricetta ‘storica’ sembra quasi un’offesa a un popolo intero. Ma io credo che, se il cambiamento è fatto bene, con rispetto e intelligenza, può diventare lo spunto per scrivere una nuova tradizione da tramandare in futuro
Diego e Matteo, dopo questo progetto editoriale, quali altri progetti Meatball Family ha in mente?
Fra tutti i soci c’è grande sinergia e siamo sempre alla ricerca di modi per migliorare l’esperienza presso i nostri ristoranti.
Ci piacerebbe attivare delle collaborazioni con altre realtà di ristorazione, ad esempio, anzi se qualcuno fosse interessato ci contatti pure.
A cura di Marco L. Tosi


