Creazione d’impresa negli USA: il visto E2 Treaty Investor Visa

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Boston in Massachusetts

di Nicola Condello, International Attorney at Sarah S.Rama, Esq

Il Treaty Investor Visa è un visto che permette ai cittadini di paesi aventi accordi commerciali con gli USA, di vivere e di lavorare negli Stati Uniti, investendo una somma di denaro.

Il servizio dell’immigrazione riporta che oggi vi sono 330.000 stranieri titolari di un visto E2. Ogni anno, vengono rilasciati circa 25.000 visti, la maggior parte dei quali viene attribuita a persone dirette sulla costa est (Florida, New York) e in California. Sebbene tradizionalmente molti investitori provengano dall’Asia, negli ultimi anni la domanda da parte di imprenditori italiani è cresciuta notevolmente.

La disciplina del visto E2 è contenuta nell’Immigration and Nationality Act (I.N.A.) e nel Code of Federal Regulations (C.F.R.).

Il visto è rinnovabile ogni due anni. Il coniuge dell’investitore può lavorare, non necessariamente per l’impresa. I figli minori di 21 anni, invece, possono frequentare corsi scolastici.

Skyline of Boston

Le condizioni dell’investimento: sostanziale, non marginale e personale 

L’investimento deve essere “sostanziale”, con particolare riguardo ai costi prospettati dell’impresa (locazione, attrezzature, preventivi, fatture, e quanto altro), al profitto previsto e allo sviluppo dell’impresa nella zona prescelta dall’imprenditore. La legge non specifica un importo minimo.

In sintesi, una stessa somma può essere “sostanziale” per condurre una piccola attività di ristorazione, ma potrebbe non essere ritenuta tale nell’avviare una impresa edile, i cui costi di avvio sono ovviamente maggiori. Ogni progetto imprenditoriale va pertanto esaminato concretamente.

Ciò precisato, l’investimento non deve limitarsi ad essere “marginale”, ovvero il profitto deve essere superiore al mero sostentamento dell’imprenditore e del nucleo familiare. È consigliato procedere con la redazione di un business plan che verrà anch’esso prodotto con l’istanza del visto. La somma deve essere personale e non deve provenire direttamente, o indirettamente, da un’attività illecita.

Un ulteriore aspetto è la compagine sociale: il 50% delle quote nell’impresa deve essere detenuta da persone aventi la stessa nazionalità dell’investitore. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che non possono essere considerati stranieri, i soci cittadini USA con doppia cittadinanza. Al momento dell’istanza, l’impresa deve essere considerata in “bona fide”, ovvero l’attività deve essere reale, attiva, operativa e, almeno in parte, soggetta al rischio d’impresa.

Sotto il profilo della documentazione, va dimostrata la disponibilità delle autorizzazioni commerciali, eventualmente di titoli di proprietà intellettuale (marchi, brevetti, design); la sussistenza di contratti di forntitura, diritti di concessione esclusiva per il territorio USA, ecc.

Creazione d’impresa, acquisto d’azienda esistente, contratto di franchising 

L’investitore è libero di creare la propria impresa come meglio ritiene. Una prima possibilità è quella di rilevare le quote societarie, in parte o in tutto, di un’impresa già esistente. È buona norma, richiedere le copie dei bilanci e le dichiarazioni dei redditi statali e federali dell’impresa, per dimostrare la capacità di produrre utili e quindi il carattere “non marginale” dell’investimento. Va detto che una possibilità è il compromesso di cessione di azienda (c.d. “purchase and sale”), meglio se sottoposto ad una condizione sospensiva subordinata al rilascio del visto.

Un’altra valida alternativa è costituire una società che concluderà un contratto di franchising. Tramite internet è possibile reperire molte offerte di franchising negli Stati Uniti.
In caso di costituzione di nuova impresa, in assenza di documentazione fiscale e contabile precendete, un business plan è determinante per dimostrare il carattere “non marginale”. L’investitore deve essere in grado altresì di dirigere e di sviluppare l’attività. L’investitore con incarichi particolari deve dimostrare di avere le capacità richieste attraverso un’adeguata documentazione (certificati, diplomi, dichiarazioni, premi ecc.).

Tempistica del rilascio del visto E2 

Il visto E2 va considerato anche per il breve lasso di tempo richiesto per lo svolgimento della pratica. Oggigiorno, l’ufficio consolare presso l’Ambasciata americana a Roma dà riscontro alle istanze inoltrate tramite internet, entro 28-45 giorni. L’istanza non deve essere lunga più di 40 pagine, fronteretro. Dopo l’esame della pratica, viene fissato un colloquio durante il quale l’interessato si deve presentare personalmente con la propria famiglia. La documentazione può essere inviata da un avvocato americano il quale non potrà essere presente il giorno del colloquio. L’ente consolare si riserva il diritto di negare il visto.

Visto investitore vs. Green card

La questione più discussa al momento è il futuro dell’investitore, in seguito all’ingresso negli USA. Più precisamente la possibilità di ottenere lo status di legal permanent resident (cosiddetto titolare di “green card”), e in seguito, trascorsi cinque anni, di richiedere la cittadinanza americana. Naturalmente, lo status di residente permanente gode di maggiori vantaggi rispetto al titolare di un visto E2 (nessuna necessità di rinnovo ogni due anni, possibilità di qualsiasi attività lavorativa, anche a titolo subordinato e, in generale, maggiore opportunità di accesso al credito). Secondo il dispositivo normativo in vigore, l’impresa dovrebbe raggiungere le condizioni economiche sufficienti per poter sponsorizzare il titolare del visto. La procedura risulta lunga e costosa. La riforma della legge federale sull’immigrazione all’esame del Senato, sostenuta dal presidente Barack Obama, intende tra l’altro agevolare l’ottenimento della “green card” per coloro che abbiano lavorato almeno cinque/dieci anni con un visto E2. Quindi, il rilascio della “green card” sarà semplicemente fondato sulla prova della permanenza fisica negli USA.

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