Regina Schrecker: vi racconto il mio mondo

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Top model, stilista, icona di bellezza ed eleganza senza tempo, Regina fu musa oltre che grande amica di Andy Warhol, che nel 1983 le dedicò una coppia di ritratti.

Tedesca di nascita, il papà le fa fare il liceo in giro per l’Europa, Inghilterra, Svizzera Francese, Francia del sud, Firenze e poi a Milano in Università Cattolica, lingua e letteratura. Ma non termina la Facoltà perché nel contempo ha iniziato le sue collaborazioni nell’ambiente della moda. Occhi verdi, sguardo intelligente e profondo, profumo che ti avvolge e che sa di spezie ed eleganza, dolcevita nero, collana belle époque di perle di fiume, orecchini di perle che illuminano il viso. E le mani che parlano seguendo la conversazione “è poco tedesco e molto italiano e mi piace”. No smoking e non pratica sport, per Firenze si passeggia a piedi… Ci incontriamo nel suo studio in un bellissimo palazzo del ‘500 fiorentino, alcuni pezzi antichi ed altri moderni “perché mi piacciono e sdrammatizzano la serietà dell’antico ’500 ”, il grande tavolo rotondo “La rosa dei venti” e le panche di legno grezzo di Mario Ceroli. Le pareti rigorosamente bianche, orfane dei due quadri che Andy Warhol le dedicò e che si trovano al Palazzo Ducale di Genova fino a marzo 2017.

Puccini e Madama Butterfly, hai creato i costumi per l’opera presentata al 62° Festival Pucciniano, come si vive l’opera in sartoria?
“Devi studiare l’opera, leggerti il libretto, analizzare l’epoca e creare una simbiosi con il regista e lo scenografo. Così è stato per Scolpire l’opera, il progetto che ha scelto Madame Butterfly nel 2000 per il 62° Festival Pucciniano. Furono scelti tre personaggi (Hewitt regista, Yasuda scenografo e Schrecker), diversi tra loro, e non solo per provenienza e storia di vita, ma che insieme hanno collaborato con tenacia affinché questa Madama Butterfly diventasse un classico, che a 16 anni dalla prima è sempre moderno ed emozionante (in cartellone al Teatro Puccini di Torre del Lago fino al 2016). E poi nel 2006 i costumi dell’opera Snow White per il Progetto formativo della Provincia di Firenze del Maggio musicale fiorentino e della Syracuse University di New York ed ancora il Rigoletto del 2013 al teatro Carlo Felice di Genova”.

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Da top model e Lady Universo alla decisione di dedicarti alla moda con una tua griffe. Andy Warhol, di cui sei stata grande amica, nel 1983 ti ha dedicato una coppia di ritratti. Quanto ha inciso questo grande artista, creatore della pop-art, nella tua moda e nella tua vita?
“Avevo conosciuto Andy Warhol e la sua factory da quando, modella e indossatrice, mi trovavo molto spesso a New York per lavoro. E mi affascinava questo mondo suo, completamente fuori dall’ordinario, dove viveva e lavorava. Eravamo diventati amici, e lui adorava il mio stile molto personale di sfilare e muovermi sulle passerelle, e io ammiravo il suo lavoro grafic/pop, il
primo e unico artista che sia riuscito a dare un senso artistico alla pubblicità (come le lattine della zuppa Campbell). Lui era un lavoratore instancabile! Molto ispirato, non faceva che scattare delle foto a qualsiasi cosa gli venisse sotto tiro, dipingeva, disegnava, schizzava… Si circondava sempre di un gruppo variopinto di artisti, come Keith Haring, Jean Michel Basquiat, e tanti altri: formavano un gruppo che lavorava in stretto contatto, anche se ognuno di loro era già un artista indipendente. C’erano modelle, attrici, fotografi importanti o non ancora conosciuti, amici e “amici degli amici”. Era un mondo davvero busy ed affascinante. Poi mi ha fatto sapere che voleva farmi il ritratto: aveva in programma una mostra a Milano su alcuni personaggi della moda e, come omaggio alla nostra amicizia, voleva includere la sua amica che nel frattempo, da modella, era diventata una stilista apprezzata! Direi che Andy non ha influenzato il mio modo di fare moda. M’ispirava la sua sensibilità e la grande libertà mentale. Mi ha spinta a continuare sulla mia strada: una moda un po’ di “rottura”, ma sempre estremamente elegante”.

Tradizione o modernità, apparire o essere. Come si vive in armonia con se stessi ed il proprio stile di vita? Qual è l’espressione della moda per Regina?
“Il concetto di “modernità” si lega ad una profonda conoscenza delle tradizioni più antiche. “Essere” senza diventare schiavi dell’apparire. Saper scegliere di “essere” e esprimere con libertà le proprie scelte: questo è il messaggio della mia moda. Scegliere quindi consapevolmente ciò che si vuole rappresentare e vivere in armonia con noi stessi. Esiste, da una parte, la moda “imposta” dai media, dalle giornaliste cult e anche da qualche blogger, una moda estrema, creata per fare notizia, e dall’altra quella che scegliamo liberamente, conoscendoci, sapendo come vorremmo “sentirci” secondo il nostro mood del momento”.

In che modo è cambiato il modo di presentare la moda per la prima volta al grande pubblico?
“Quando ho cominciato a fare la modella, c’erano quattro collezioni all’anno, con Pitti/Sala Bianca sono diventate due: primavera/estate e autunno/inverno. Poi dagli USA veniva aggiunta la linea “cruise”, Milano Collezioni presentava il calendario due volte l’anno, mentre oggi ci sono continui “flash”, “cube” e “capsule”, le mini collezioni con le ultime proposte, prodotte in quantità limitata per fare il sell-out. Ci sono le vendite on line, sia sul sito aziendale che tramite i colossi del web marketing tipo Amazon e l’ultima moda, il “see ‘n buy”, cioè comprare direttamente dopo la presentazione, deve ancora farsi strada. Torna anche la moda più esclusiva di nicchia, e il bespoke tailoring, la moda a misura».

I tuoi abiti da sposa, trasparenze e scollature vertiginose, tessuti preziosi ed impalpabili, tutto rigorosamente italiano.
“Con i miei abiti sontuosi e raffinati per la sposa mi esprimo al meglio nel campo che una volta era riservato all’Alta Moda o l’Haute Couture. Scollature che sembrano vertiginose ma che sono pudicamente “velate” da un tulle trasparente color carne, gonne fascianti a sirena, larghe a corolla, sbuffanti da bambola con strati e strati di tulle, organza e chiffon di seta, pizzi e macramé esclusivi, spesso unici, e ancora applicazioni ton-sur-ton, ricami effetto tattoo sulla schiena o sui polsi. Una vera “Alta Moda” per la ragazza che si vuole sposare con un abito raffinato ed esclusivo. Quasi tutto in bianco o color champagne, ho giocato però anche con i colori pastello come il rosa pallido, il celeste appena accennato o il tenerissimo verde acqua e tutto rigorosamente “made in Italy”, una mano d’opera così perfetta e preziosa, che ci viene tramandata da generazioni di maestri artigiani che purtroppo stanno lentamente scomparendo. Presento questo gioiello di collezione due volte l’anno a Milano, a New York e a Barcellona, e posso anticipare una grande sorpresa per il mese di marzo che si terrà in una delle più belle città italiane famosa per la sua storia medioevale e rinascimentale ed i miei abiti saranno esposti in una cornice di grande emozione. Ti terrò al corrente!”.

Quale donna famosa hai vestito e quale vorresti vestire?
“Ne ho vestite tante e, non volendo fare un torto a nessuna di loro, non posso citarle. Ma sono veramente felice quando vedo gente “comune” orgogliosa di indossare un “Regina Schrecker” e
quando, queste stesse persone, magari riconoscendomi, mi esprimono la loro gioia».

Nel 2005 hai sfilato con la collezione “sposa e sposo” nel tempio buddista zen Kodai-Ji di Kyoto…
“Sono stata invitata dal capo bonzo e dai monaci dell’antico tempio Kodai-Ji di Kyoto a partecipare alla loro annuale festa delle lanterne (ottobre) con la presentata negli spazi interni e riservati del tempio. Per rispetto verso il luogo sacro del monastero, ho proposto di far sfilare le modelle a piedi nudi. Davvero surreale era vedere l’entusiasmo dei monaci durante la preparazione, suggerendo anche di usare, per presentare gli abiti lunghi, dei sandali con il plateau alto e diritto proprio come quelli che usano le Maiko-san. La celebrazione coincideva con il 400° anniversario del tempio Kodai-Ji e la 40° ricorrenza del gemellaggio tra Firenze e Kyoto».

Dal premio “Mela d’oro” al Premio Internazionale Semplicemente donna, edizione 2016, sette le donne premiate, hai ricevuto il “Premio Imprenditoria e Solidarietà per il sociale”, cosa ha significato e cosa è per te l’impegno sociale.
“L’impegno sociale è per me una cosa fondamentale. Spesso la moda viene considerata (e non sempre giustamente) frivola e capricciosa. Oltre ad essere un “business” spietato, la moda è anche una forma d’arte e rispecchia i tempi che viviamo con crudele verità. Dovremmo tutti dedicare parte delle nostre energie e della nostra immagine per scopi sociali: non si può vivere ai margini di una realtà sempre più scomoda ignorandola. Io ho iniziato a collaborare con il prof. Umberto Veronesi nel 1984, in un programma televisivo che si chiamava Una rosa per la vita. Ho continuato con la “serata d’onore” per l’Unicef, della quale sono diventata testimonial, ho continuato con la creazione di una collezione allegra, dai colori vivi, facile da indossare, per il progetto Comunque bella, ho partecipato a calendari per l’ATT e per DEDRA, che raccoglie fondi per una malattia geneticamente rara, l’epidermolosi bollosa, chiamata anche “sindrome dei bambini farfalla”. Ma cerco di fare anche progetti con i giovani, piccole collaborazioni, tutorship con delle scuole di moda».

Il tuo stilista preferito?
“Christian Dior, che ha saputo restituire alle donne la loro femminilità dopo anni di restrizioni dovute alla Seconda Guerra Mondiale e agli anni difficili del dopo-guerra. Giacchine dal taglio elegante, con la spalla arrotondata, gonne longuette e svolazzanti a corolla, il vitino a vespa strizzato dalla guepière, una silhouette davvero rivoluzionaria. Una linea sontuosa che voltava le spalle ai rigidi tailleurs di ispirazione militare, realizzati in tessuti maschili come il panno e che riscopriva, invece, i tessuti pregiati e raffinati come le sete, e faceva sperare in un futuro brillante e spensierato».

Cosa non deve mancare nell’armadio di una donna?
“A parte la famosa “petite robe noir”, non devono mancare quegli accessori con i quali trasformare il look e che ti fanno star bene dalla mattina alla sera, che trasformano in un attimo la mise da ufficio in un outfit adatto a un drink o a una cena con clienti o amici: una sciarpa pashmina colorata, una cintura con delle catenine scintillanti, una pochette frangiata, le scarpe con il tacco. Tutto secondo il mood personale, rigorosamente ton-sur-ton, oppure, per un effetto pop, in colori decisi e in contrasto”.

Che cosa è l’amore?
“L’amore è un cocktail ad alto rischio intossicazione di stima, valori condivisi, complicità e… “togetherness”.

Dove ti senti veramente a casa?
“Sono stata una vagabonda fin da adolescente, la mia casa può essere ovunque”.

La tua passione per la moda nasce in famiglia, il nonno che ti ha avvicinato alla letteratura, la nonna insegnante di pianoforte, la mamma diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Berlino…
“Sono cresciuta in una famiglia di artisti: appunto mia madre, grafico, diplomatasi all’Accademia delle Belle Arti a Berlino, mia nonna insegnante di pianoforte per noia, lei che era figlia di un grande manufattiere tessile, uno zio importante scultore cecoslovacco. Mio nonno invece, generale in pensione, prussiano, mi ha aperto il mondo con i suoi adorati libri, i grandi classici. E mi ha insegnato a non avere mai paura delle proprie scelte se fatte con consapevolezza anche dei rischi, di seguire il mio istinto, il sesto senso”.

Il tuo più grande successo?
“Non ho ancora finito, ne parliamo tra qualche anno?”

Cosa non desideri dire in una intervista?
“Parlare della mia vita privata”.

Meglio una vita di rimorsi o di rimpianti?
“Né rimorsi, né rimpianti, naturalmente! Dobbiamo imparare ad accettare la vita con i suoi alti e bassi, cercando di viverla al meglio, di aggiustare il tiro, fare delle scelte con coscienza,  conoscendo e valutando tutti i rischi. Edith Piaf cantava “je ne regrette rien”!”.

Ci si adatta al tempo che passa?
“Conviene adeguarsi!”

Quanto conta il denaro nella vita?
”Conta, purtroppo. È un male necessario”.

Che cos’è la libertà?
”Quella che ho sempre avuto e che mi sono presa”.

La tua canzone preferita?
”Imagine, il brano musicale più celebre di John Lennon dopo lo scioglimento dei Beatles”.

A cosa pensi quando ti svegli?
”Ai sogni che devo realizzare quel giorno”.

Un oggetto dal quale non ti separi mai?
”Vivendo in un mondo dove è d’importanza vitale essere “connessi”, direi il mio iPhone ed il rossetto che metto anche in casa”.

Tre parole per descriverti.
”Decisamente troppo sincera”.

Progetti per il 2017
”Non amo rivelare i miei progetti. Posso però rivelare che è stata creata da poco la mia linea trucco Make Up A’ Porter, prodotta in Umbria, che sarà a breve nelle profumerie. Si tratta di una linea salutista, pensata per la ragazza di oggi, con una vasta gamma di colori, che si rivela anche adattatissima per la pelle più matura. Forse faremo in tempo anche per il mio Profumo. E la linea di bijoux di lusso, creata in Italia, che avrà un exploit internazionale. E ancora una partecipazione straordinaria alla Biennale di Firenze e una grandissima mostra, ma non posso ancora dire dove”.

Come pensi sia andata questa intervista?
”Ma è già finita? Hai impegni o pranziamo insieme?”.

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